07 avril 2006

F. Nietzsche, La nascita della tragedia (Prima)

La Madonna del Prato, Giovanni Bellini, 1505.



L'opera, scritta nel 1872, contiene il nucleo fondamentale del pensiero di Nietzsche, il quale, in maniera esplicita lo fa risalire alle influenze di Schopenhauer, di Kant e del pensiero indiano.
Nietzsche si trova innanzi ad predominio dello scientismo, del mondo dell'industria e della tecnica e nella fiducia del progresso.
Egli in tale predominio non vede un arricchimento dello spirito umano, al contrario un impoverimento, e nella ricerca di un qualcosa che recuperi i valori dello spirito umano, egli trova la sua anima gemella in Richard Wagner e nella sua musica diretta ad un rinnovamento dell'arte.
L'aver prescelto la musica ad ogni altra forma d'arte, dimostra senza dubbio l'eredità schopenhaueriana (Schopenhauer considera la musica come oggettivazione immediata, non mediata, delle idee ).

L'opera è dedicata a Wagner:
" …io sono convinto dell'arte come del compito più alto e della vera attività metafisica di questa vita, nel senso dell'uomo a cui io qui, come al sublime combattente che mi precede su questa strada, voglio che questo scritto sia dedicato."
Nella Nascita della tragedia Nietzsche propone, da un lato, una diagnosi delle ragioni remote che hanno portato al predominio dello scientismo e del razionalismo, dall’altro, cerca un'alternativa che possa rovesciare la situazione presente.
Nietzsche riprende la distinzione di fondo del pensiero di Schopenhauer tra mondo come rappresentazione e mondo come volontà, assimilandola a quella kantiana tra mondo fenomenico e mondo noumenico e, a quella indiana (brahmanica e buddista) fra illusione (velo di Maja) e realtà.

Egli, rifacendosi alla cultura greca, riprende i nomi di Apollo e Dioniso, e gli aggettivi " apollineo" e "dionisiaco", per designare, rispettivamente, il mondo come rappresentazione e il mondo come volontà.
Attraverso questi due spiriti, Nietzsche capovolge il giudizio tradizionale sull'arte greca, che si basava sulla presunzione che essa fosse caratterizzata da " serenità ", da "equilibrio", da " misura " delle forme compositive.
Per Nietzsche, invece esse era frutto dalla combinazione e compenetrazione reciproca dei due spiriti.


Il primo, ossia lo spirito apollineo, caratterizzato dall'armonia e dall'equilibrio delle forme, ha permeato di sé tutta l'arte plastica, mentre il secondo, ossia lo spirito dionisiaco, che è entusiasmo, sfrenatezza, ebbrezza, si è espresso soprattutto nella tragedia e nella musica.
Nietzsche paragona l'apollineo al mondo come rappresentazione di Schopenhauer: dominato dalla ragione e dalla causalità, ordinato e rassicurante, ma non è altro che la superficie di una realtà inquietante.
Dietro l'apollineo c'è il mondo nascosto del dionisiaco, con gli istinti vitali, capaci di risvegliare le forze più autentiche e naturali dell'uomo.
Tali forze sono però positive e feconde, di segno opposto a rispetto alla volontà descritta da Schopenhauer.

" …lo sviluppo dell'arte è legato alla duplicità dell'apollineo e del dionisiaco…questi nomi noi li prendiamo in prestito dai Greci, che rendono percepibili a chi capisce le profonde dottrine occulte della loro visione dell'arte non certo mediante concetti, bensì mediante le forme incisivamente chiare del loro mondo di dèi. Alle loro due divinità si riallaccia la nostra conoscenza del fatto che nel mondo greco sussiste un enorme contrasto…fra l'arte dello scultore, l'apollinea, e l'arte non figurativa della musica, quella di Dioniso: i due impulsi così diversi procedono l'uno accanto all'altro, per lo più in aperto dissidio fra loro…finchè da ultimo, per un miracoloso atto metafisico della " volontà " ellenica, appaiono accoppiati l'uno accanto all'altro e in questo accoppiamento producono finalmente l'opera d'arte altrettanto apollinea che dionisiaca della tragedia attica…Per accostarci di più a questi due impulsi, immaginiamoli innanzitutto come i mondi artistici separati del sogno e dell'ebbrezza …".

Ed è proprio la coppia apollineo-dionisiaco, formulata in origine per risolvere il problema della nascita della tragedia greca e della sua fine, che deve essere preso come filo conduttore per leggere tutta l'opera nietzscheana, poiché raccoglie intorno a sé quasi tutti gli aspetti più significativi del pensiero di Nietzsche giovane. Per dieci anni il giovane Nietzsche ammonisce i suoi amici a reprimere la fantasia, a rispettare il metodo, a controllare le ipotesi. Ma ecco l'arrivo di questa opera che rovescia quanto detto sopra.

Per Schopenhauer la conoscenza della cosa in sé, della Volontà, fa venir meno la certezza e la sicurezza del principium individuationis, rendendo palpabile l'orrore di un mondo dominato da un principio a-razionale, in cui la individualità si nullifica.
Questa condizione è per Schopenhauer fonte di angoscia.
Per Nietzsche, invece, è ambivalente: è orrore ma contemporaneamente rapimento estatico.
Il filosofo attribuisce al dionisiaco una funzione ambivalente: da un lato l'esperienza del dionisiaco è lo smarrimento della proprie sicurezze individuali, il sentirsi una cosa sola con la natura e con gli altri. Esso de-centra l'individuo, ma contemporaneamente lo ricongiunge con le forze vitali della natura, lo inserisce nell'armonia universale, nell' unità originaria ".
Potremmo scandire quanto detto in tre momenti:

1) L'uomo si avverte come individualità separata, in relazione con altre; vive in un mondo ordinato, fatto di certezze, nel quale ha un proprio spazio e sa che cosa attendersi dagli altri.
E' il mondo della socialità, delle convenzioni, della serenità e della tranquillità (Apollineo),
2) L'uomo perde queste certezze, diviene consapevole della fondamentale unità con gli altri e con la natura , prende coscienza delle forze istintuali e vitali; la prima reazione è di sgomento, di orrore, perché vengono meno gli abituali punti di riferimento (primo momento del dionisiaco ).
3)L'uomo entra in una nuova dimensione, in cui il centro di gravità non è più l'individuo, ma il tutto. Il nuovo stato è caratterizzato però non più d'angoscia, ma da gioia e felicità, animate da impulsi (Triebe) che l'apollineo reprimeva ( dionisiaco ).

" Apollo ci viene incontro come la divinizzazione del Principium individuationis, in cui soltanto si adempie il fine eternamente raggiunto dell'uno originario, la sua liberazione attraverso l'illusione: con gesti sublimi egli ci mostra come tutto il mondo dell'affanno sia necessario, perché da esso l'individuo possa venir spinto alla creazione della visione liberatrice e poi, sprofondato nella contemplazione di essa, possa sedere tranquillo nella sua barca oscillante in mezzo al mare. Questo divinizzare l'individuazione…conosce una legge sola, l'individuo, vale a dire l'osservazione dei limiti dell'individualità, la misura nel senso ellenico. Apollo esige dai suoi la misura e, per poterla osservare, la conoscenza di sé. E così, accanto alla conoscenza estetica della bellezza, si fa valere l'esigenza del " conosci te stesso " e del " non troppo ".

La sensibilità al caos fa sì che l'apollineo si sottragga al Principium individuationis. Tale riferimento evidenzia una sorta di dipendenza alla metafisica schopenhaueriana. Si può, infatti, fare un'analogia: così come le idee di Schopenhauer sono un insieme di rappresentazioni sottratte alla volontà di vivere, così anche il mondo degli dèi olimpici nietzscheani. Ecco perché si parla di strumenti di liberazione in un'epoca incatenata da ogni parte: questi strumenti sono il sogno e l'ebbrezza. Giorgio Colli, definisce quanto detto come una sorta di bisbiglio, che si insinua sommesso negli spiriti più intorpiditi e accasciati, e dà un brivido agli speranzosi. Allora c'è una salvezza, allora il mondo che ci circonda, con il suo cielo plumbeo e le sue ore digrignanti, è soltanto un incubo, e la vita vera è il sogno, è l'ebbrezza!

(Questo atteggiamento speranzoso non lo ritroveremo più nelle successive opere di Nietzsche, nemmeno nel Così parlò Zaratustra ). L'apollineo e il dionisiaco rappresentano una dualità che caratterizza il profondo dell'anima greca. Gli dèi olimpici sono il mezzo con cui i greci sopportano l'esistenza, soffrendo in modo profondo a causa della loro esasperata sensibilità "Il Greco conobbe e sentì i terrori e le atrocità dell'esistenza: per poter comunque vivere, egli dovè porre davanti a tutto ciò la splendida nascita sognata degli dèi olimpici. L'enorme diffidenza verso le forze titaniche della natura, la Moira spietatamente troneggiante su tutte le conoscenze, l'avvoltoio del grande amico degli uomini Prometeo, il destino orrendo del saggio Edipo, la maledizione della stirpe degli Atridi, che costringe Oreste al matricidio, insomma tutta la filosofia del dio silvestre con i suoi esempi mitici…fu dai Greci ogni volta superata, o comunque sottratta alla vista, mediante quel mondo artistico intermedio degli dèi olimpici. Fu per poter vivere che i Greci dovettero creare questi dèi…".
Così i greci, grazie all'armonia delle forme ispirate da Apollo, riuscirono a vincere l'orrore delle forze titaniche e ad erigere l'ordine degli dèi olimpici.
Gli dèi olimpici "giustificano la vita umana vivendola essi stessi "., perché la vivono fuori dall'angoscia della morte.
Nella sua ultima essenza, Nietzsche sostiene, in sintonia con Schopenhauer, che il mondo è volontà di vivere con i suoi impulsi producenti dolore e tragedia, per cui sarebbe stato meglio non essere nati, o se nati, morire al più presto.

Questo è ciò che un certo Sileno ( una figura mitologica, mezzo uomo mezzo animale, precettor di Dioniso ) dice, al momento della sua cattura, al re Mida:
"L'antica leggenda narra che il re Mida inseguì a lungo nella foresta il saggio Sileno, seguace di Dioniso, senza prenderlo.
Quando quello gli cadde infine fra le mani, il re domandò quale fosse la cosa migliore e più desiderabile per l'uomo. Rigido e immobile, il demone tace; finchè, costretto dal re, esce da ultimo fra stridule risa in queste parole: " Stirpe miserabile ed effimera, figlio del caso e della pena, perché mi costringi a dirti ciò che per te è vantaggioso non sentire? Il meglio è per te assolutamente irraggiungibile: non essere nato, non essere, essere niente. Ma la cosa in secondo luogo migliore per te è morire presto".
Che senso bisogna attribuire alle parole di Sileno? Nietzsche, studioso delle fonti e della costituzione della tradizione storiografica, individua subito che questo detto non è un elemento isolato.Insieme al principio apollineo è presente anche il principio dionisiaco, che rende conto di elementi di saggezza come quello espresso da Sileno.
Il detto di Sileno, quindi oltre a rischiarsi al principium individuationis schopenhaueriano, da cui dipende il costituirsi del mondo come sistema ordinato di rappresentazioni, ci richiama ad un altro principio, l'elemento dionisiaco, che è insieme l'azione e la consapevolezza oscura del movimento vitale e originario, il quale è insieme principio di vita e di morte. Va precisato che quel che si annuncia nella Nascita della Tragedia è il rifiuto del pessimismo e dell'ascetismo Schopenhaueriano: infatti, il dionisiaco non è solo più originario dell'apollineo dal cui volere occorre liberarsi, ma non si tratta di una liberazione dal dionisiaco, ma di una liberazione del dionisiaco. Quella che è stata chiamata la liberazione del dionisiaco non significa la soppressione di ogni elemento apollineo.
Dioniso, infatti, deve parlare la lingua di Apollo perché questi, alla fine, parli la lingua di Dioniso.
L'elemento dionisiaco, presso i greci, dà luogo a simboli; ma il trionfo finale di Dioniso su Apollo, si ha in quanto tutte le facoltà simboliche dell'uomo sono stimolate al massimo."…è necessario un nuovo mondo di simboli, e anzitutto l'intero simbolismo del corpo, non soltanto il simbolismo della bocca, del volto, della parola, ma anche la totale mimica della danza che muove aritmicamente tutte le membra. In seguito crescono tutte le altre capacità simboliche, quelle della musica, come ritmica, dinamica, e armonia. Per comprendere questo scatenamento totale di tutte le capacità simboliche, l'uomo deve essere raggiunto a quel vertice di alienazione di sé che in quella capacità vuole esprimersi simbolicamente: il ditirambico seguace di Dioniso viene quindi compreso solo dai suoi simili! …".