07 avril 2006

F. Nietzsche, La nascita della tragedia (Secunda)

Incoronazione della Vergine, Giovanni Bellini, 1475.




La novità di questo mondo di simboli si capisce se si pensa che esso si riassume nella danza , mentre la parola sta a rappresentare il mondo simbolico vecchio ( quello apollineo ).Si può dire che Nietzsche, nella nozione di tragedia e di civiltà tragica, cerchi di definire un modo di essere dell'uomo nei confronti dei simboli, alternativo a quello che ha la sua attuazione nel linguaggio. Un'interessante interpretazione del pensiero di Nietzsche inteso come rivendicazione di una prospettiva "melocentrica " contro il logocentrismo da sempre prevalente nella tradizione metafisica occidentale, è data da B.PAUTRAT, Version du soleil,Paris 1971.

All'orrore che, secondo Schopenhauer, afferra l'uomo quando vede vacillare il principium individuationis, Nietzsche aggiunge "l'estatico rapimento che , per la stessa violazione del principium individuationis, sale dalle profondità dell'uomo, anzi della natura… " che permette "… di gettare lo sguardo nell'essenza del dionisiaco, a cui ci accostiamo di più attraverso l'analogia con l'ebbrezza…". "… sotto l'incantesimo del dionisiaco non solo si restringe il legame fra uomo e uomo, ma anche la natura estraniata, ostile e soggiogata celebra di nuovo la sua festa di riconciliazione con il suo figlio perduto, l'uomo. La terra offre spontaneamente i suoi doni, e gli animali feroci delle terre rocciose e desertiche si avvicinano pacificamente…ora lo schiavo è un uomo libero, ora si infrangono tutte le rigide , ostili delimitazioni che la necessità, l'arbitrio o la moda sfacciata hanno stabilito fra gli uomini…".
Si chiarisce quasi subito che l'apollineo e il dionisiaco non definiscono soltanto una teoria della civiltà e della cultura, ma anche una teoria dell'arte. Ed ecco che Nietzsche costruisce un'estetica, che è soprattutto una teoria generale della cultura. La dualità apollineo e dionisiaco, infatti, permette di leggere varie fasi dell'arte greca alla lotta fra i due impulsi; lotta che si dispiega anche come conflitto fra diversi popoli, invasioni, che caratterizzano la storia arcaica.

Così l'arte dorica si spiega da un lato come resistenza dello spirito apollineo alle invasioni, e dall'altro, si spiega dalle invasioni dionisiache. C'è, quindi, una forte tensione che porta ad una lotta fra tra i due principi che fanno sì che la storia greca antica si suddivida in quattro grandi periodi artistici: "Il dionisiaco e l'apollineo dominarono la natura ellenica; come l'età del bronzo con le sue titanomachie e la sua aspra filosofia popolare, si sviluppò, sotto il dominio dell'istinto di bellezza apollineo, il mondo omerico; come questa magnificenza " ingenua" venne di nuovo inghiottita dal fiume irrompente del dionisiaco, e come di fronte a questa nuova potenza l'apollineo si elevò alla rigida maestà dell'arte dorica e della visione dorica del mondo.Se in questa maniera la storia greca si suddivide, nella lotta di quei due principi avversi, in quattro grandi periodi artistici, siamo ora spinti a ricercare il disegno supremo di questo divenire…".
Non è certamente l'arte dorica il culmine della grecità, bensì, la tragedia attica, che si presenta come la più perfetta sintesi dei due impulsi. Da dove nasce la tragedia?


Nietzsche si aggancia alla tradizione, secondo cui la tragedia nasce dal coro dei Satiri, ossia quella processione sacra i cui partecipanti si trasformano in esseri naturali. "Il greco si è fabbricato per questo coro le impalcature aeree di un finto stato di natura e vi ha posto sopra finti esseri naturali. La tragedia si è sviluppata su questo fondamento e certo già per questo è stata fin dal principio dispensata da una penosa riproduzione della realtà… Il Satiro, il finto essere naturale, sta rispetto all'uomo civile nello stesso rapporto in cui la musica dionisiaca sta rispetto alla civiltà…l'uomo civile greco si sentiva annullato al cospetto del coro dei Satiri: e l'effetto immediato della tragedia dionisiaca consiste in questo, che lo stato e la società , e in genere gli abissi fra uomo e uomo cedono a un soverchiante sentimento di unità che riconduce al cuore della natura".
E' un mondo reale, non fantastico, in cui l'uomo ridivenuto essere di natura getta il suo sguardo nel mistero dell'uno primordiale e reagisce all'orrore attraverso la produzione di immagini. E' un fenomeno drammatico: "vedere se stessi trasformati davanti a sé e agire poi come se si fosse davvero entrati in un altro corpo, in un altro carattere. Questo processo sta all'inizio dello sviluppo del dramma. C'è qui qualcosa di diverso dal rapsodo, che non si fonde con le sue immagini, ma che , simile al pittore, le vede fuori di sé con occhio contemplante;qui c'è già un annullamento dell'individuo per l'ingresso in una natura estranea… Il ditirambo è perciò è perciò essenzialmente distinto da ogni altro canto corale".

E' sostanzialmente importante la differenza che tra Wagner e Nietzsche, che consiste nel fatto che mentre per il primo c'è una separazione tra pubblico e artista, per il secondo ogni distanza tra consumatore e produttore di arte cade: "L'uomo non è più artista, è divenuto opera d'arte".
Nietzsche intende dire che mentre l'uomo apollineo è semplicemente lo spettatore che contempla le immagini che l'artista ha fatto perni suoi occhi, l'uomo dionisiaco deve essere attore e spettatore. L'uomo dionisiaco deve salire sulla scena per ritrovare l'ebbrezza della coralità tragica, la totalità di un'esperienza che giustifica l'esistenza come fenomeno estetico, in quanto attività metafisica che è un gioco senza fine della costruzione e distruzione della forme. L'esteticità, per Nietzsche, si realizza, non nel prodotto finito, ma nel processo di costruzione dell'opera d'arte che è attività metafisica. Nella Gaia Scienza si vede realizzare nella volontà di potenza, l'esteticità secondo una distinzione tra pessimismo romantico e pessimismo classico.
Il primo è il nichilismo dei deboli, ossia di coloro che cercano quiete, ebbrezza, il secondo è il nichilismo di coloro che possono permettersi un'arte dionisiaca che viva tra la tensione del desiderio apollineo: "di fissare in forme immutabili, di eternizzare, di essere" e il desiderio dionisiaco " di distruzione, di mutamento, d'innovazione, di avvenire, di divenire ".


L' essenza ultima , tragica della realtà è stata raffigurata, nel mondo greco, con il mito di Dioniso, il dio che viene fatto a pezzi per aver tentato di annullare questa realtà tragica. Chi è stato a fare a pezzi Dioniso?

E' stato Apollo, il dio delle arti e delle lettere, il dio che costruisce le illusioni, che costruisce delle "maschere" che nascondono all'uomo la vera realtà delle cose.
Ma Dioniso risorge periodicamente, tentando di affermare le sua verità sulle illusioni prodotte da Apollo.
In quali luoghi risorge?
Nelle musiche orgiastiche, contrapposte alle musiche melodiche di Apollo, risorge nelle nella tragedia di Sofocle ed Eschilo.


Ed è proprio in questi due grandi poeti, grazie al coro, che vengono disvelati, smascherati i significati più reconditi che Apollo vuole mantenere celati." Il coro della tragedia greca, simbolo di tutta la massa dionisiacamente eccitata, trova in questa nostra concezione il suo pieno chiarimento…Ecco che siamo ora giunti a capire che la scena assieme all'azione fu pensata in fondo e originariamente come visione, che l'unica realtà è appunto il coro, il quale produce fuori di sé la visione e parla di essa con tutto il simbolismo della danza, del suono e della parola. Questo coro contempla nella sua visione il suo signore e maestro Dioniso ed è perciò in eterno il coro servente…

Il destino di Dioniso, però, è quello di una progressiva emarginazione, che diventa sconfitta duratura con l'emergere della filosofia di Socrate, il cui corrispettivo nella tragedia, è Euripide. Dice, infatti: " …fino ad Euripide, Dioniso non cessò mai di essere l'eroe tragico…". Indi l'equilibrio raggiunto dai greci si è rotto con Socrate e con il socratismo, responsabile della repressione degli istinti a vantaggio della morale dell'autocontrollo e della limitazione di sé confermata e perpetuata anche dal cristianesimo. Dioniso è stato eclissato, così anche tutte le opere di ispirazione dionisiaca.
Tutto l'occidente è stato caratterizzato dall'assenza di Dioniso e cioè dall'ave nascosto la vera realtà delle cose, come il velo di Maja: "Bisogna dichiarare che l'influenza di Socrate, come le ombre che sempre più avanzano dopo il tramonto, si è estesa alla posterità fino a questo momento e si diffonderà in tutto l'avvenire". Il fenomeno che vede se stessi trasformati davanti a sé e agire come se si è entrati in un altro corpo, rispecchia l'antiplatonismo di Nietzsche. La disidentificazione, l'immedesimazione in altri, la perdita di continuità con sé, erano le ragioni principali della condanna platonica dell'arte drammatica. Nietzsche vi vede l'origine del dramma, dandone così una valutazione opposta a quella platonica. Ne sottolinea la visione che si ha quando si è fuori di sé, visione che è compimento apollineo del proprio stato.La tragedia, indi, va intesa come già si è detto prima, ossia " come coro dionisiaco che sempre di nuovo discarica in un mondo apollineo di immagini…"